L'arte della fotografia è l'arte di fermare il tempo.

In questo, il lavoro del fotografo musicale non differisce in alcun modo da quello di ogni altro tipo di fotografo al mondo, né trasgredisce in alcuna misura questa massima di fondo.
Eppure, al fotografo musicale sono richieste delle capacità specifiche che ne rendono l'operato peculiare e, in fin dei conti, unico:
• raccontare attraverso le immagini ciò che l'Arte ha deputato ad essere raccontato attraverso le note;
• catturare in un frame l'essenza sublime, sudata ed elettrizzante di esibizioni destinate a diventare culto, leggenda, finanche mito;
• immortalare in uno scatto un momento che, passando dalle assi di un palco, sappia farsi portavoce della storia ad esso sotteso, facendosi storia a sua volta.
Un lavoro non semplice, per il quale la mera perizia tecnica non è assolutamente sufficiente a garantirne il buon esito.
Nel compenetrarsi delle due arti, quella dell'artista impegnato sul palco e quella del fotografo che gli sta di fronte, quest'ultimo sarà chiamato a dare prova di tutta la sua sensibilità e di tutta la sua empatia per riuscire a sintonizzarsi sulla stessa frequenza d'onda del primo, in modo da poter catturare il momento giusto, lo scatto perfetto, capace di ricordare ai presenti, narrare agli assenti e consegnare ai posteri, in tutta la sua intensità, il vissuto di quel singolo istante di pura perfezione musicale e visiva.
In questo, Gigliola Di Piazza era una maestra assoluta.
Gigliola Di Piazza si fa narratrice e testimone privilegiata di una scena musicale fra le più frizzanti e intense di sempre, fissandola con occhio sapiente e restituendola a noi attraverso istantanee di rara potenza evocativa.
Quanto può essere difficile rendere l'idea di cosa fosse la scena musicale milanese di quegli anni? Quanto risulta facile, attraverso queste istantanee, ritrovarsi proiettati negli anni in cui Milano era, ancor più di oggi, il centro del mondo per quanto riguardava la musica live in Italia?
Una realtà che Gigliola Di Piazza conosceva bene, spinta dalla sua passione e dalla sua professione di fronte ai palchi di queste location leggendarie con lo scopo di riuscire a catturare, spesso nei canonici primi tre pezzi dell'esibizione concessi dagli artisti ai fotografi per i loro scatti, i fatidici 10-15 minuti, e in condizioni a dir poco disagevoli, fra luci di scena problematiche, per di più dovendo sottostare al divieto di utilizzare un elemento prezioso in situazioni-limite dal punto di vista dell'illuminazione come il flash, zone riservate ai fotografi caotiche, platee esagitate o poco pazienti e artisti poco propensi a fornire ai fotografi pose comode, l'essenza di eventi entrati, spesso, nella storia della musica live milanese, italiana e internazionale, per di più cercando di catturarli usando le tecnologie dell'epoca, assai meno flessibili rispetto alle odierne, fra apparecchi privi delle mille opzioni offerte di dotazioni odierne e la necessità di utilizzare la pellicola dei tempi, costosa e delicata.
Un lavoro reso frequentemente complicato dagli artisti stessi o dagli stessi organizzatori degli eventi, spesso poco solerti nel far pervenire ai fotografi non solo gli accrediti necessari all'accesso tanto alla serata quanto all'apposita area ad essi riservata, ma anche le preventive direttive relative alle condizioni in cui si sarebbero trovati a lavorare, costringendo gli stessi a far ricorso a tutta la loro esperienza, alla loro professionalità e alla loro capacità di adattamento per capire di volta in volta come muoversi per riuscire a catturare i tanto agognati scatti al meglio delle loro possibilità.
Si tratta di un modus operandi nel quale Gigliola Di Piazza ha sempre saputo districarsi con grande presenza di spirito, aiutata e supportata nel suo lavoro dai tanti anni passati ad occuparsi di raccontare la cronaca, la società e il costume di un mondo in continua e sempre più veloce trasformazione attraverso l'obiettivo della sua macchina fotografica.
Chi meglio di lei, una volta entrata nel mondo della fotografia musicale, avrebbe potuto fissare su pellicola i tanti racconti sonori narrati da esibizioni live di figure che hanno segnato in modo indelebile la storia della quinta arte in anni in cui al fotografo non era chiesto solo di narrare la realtà immantinente dell'avvenimento che era stato incaricato di testimoniare, ma anche e soprattutto di farsi veicolo della musica stessa, in un mondo in cui il solo modo per accedere ad essa era quello di possedere i dischi o partecipare ai concerti in prima persona?
Basta osservare questi scatti in cui Gigliola Di Piazza ha immortalato artisti del calibro di Jeff Buckley, Peter Gabriel, Tina Turner, Bruce Springsteen, Michael Jackson, Patti Smith, Metallica, Slayer, Primus, Pantera, Soundgarden, Alice In Chains e chi più ne ha più ne metta per rendersi conto di quanta musica e quanto narrato vi siano in essi contenuti.
Ecco allora che, se è vero, come affermato all'inizio di questa dissertazione, che la fotografia è l'arte di fermare il tempo, la fotografia musicale, soprattutto negli anni precedenti al nuovo millennio, si è spinta e si spinge oltre, dilatandolo e riempiendone ogni anfratto di racconti in cui le immagini riescono a cristallizzare le note facendosi melodia, urlo, carezza e schiaffo, diventando le parole con cui la dimensione astratta, parallela ma quanto mai presente e tangibile dell'arte riesce a comunicare, attraverso la visione degli interpreti deputati a fare da tramite fra i due mondi, la sua Verità, capace di plasmare la realtà di chi vi entra in contatto a seconda della propria sensibilità personale.
Un compito non solo arduo, ma anche di grande responsabilità, che solo un'artista dell'immagine da sempre così affascinata dalla possibilità di poter immortalare in uno scatto l'essenza stessa della vita dei soggetti ritratti come Gigliola Di Piazza poteva rendere in modo così unico e peculiare.
Un autentico tesoro per tutti gli appassionati della musica per immagini, frutto del lavoro di quella che è stata fuor di dubbio un'autentica fuoriclasse dell'arte fotografica.

Edoardo Goi

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